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Ucraina/ Posta Ucraina lancia francobollo: "Va' a farti fottere, nave russa"

Quando le navi affondano

Quando le navi affondano

Il mio bisnonno materno è stato ufficiale della Regia Marina e come lui molti degli uomini di quel ramo della mia famiglia finché ci fu il Re.

Non ho memoria di racconti di guerra in famiglia. Il nonno, a cui fu tolto il comando, fu prima costretto a finire ad insegnare al Morosini a Venezia come punizione per sospetti sentimenti antifascisti e poi finì in campo dì concentramento per essersi rifiutato di tradire il giuramento di fedeltà al Re ed aderire alla Repubblica di Salò.

Ricordo però un nome che veniva pronunciato dalle donne di casa con rispetto e senso della tragedia: Benedetto Brin. I racconti del suo affondamento, il senso di sconforto, di impotenza. In qualche modo il senso di colpa di ogni marinaio nei confronti delle navi perdute.

Riprendo le note scarne di wikipedia:

La Benedetto Brin andò perduta alle ore 8:10 del 27 settembre 1915 nel porto di Brindisi, a seguito dell’esplosione della santabarbara; le cause dell’affondamento furono attribuite a vari motivi, quali un problema con le munizioni, un atto di sabotaggio austriaco, oppure un’azione di sabotatori italiani attratti dalle promesse austriache di una ricompensa. Nel 2015, a 100 anni esatti dall’evento, la Marina Militare ha ufficialmente dichiarato che:

«Come ormai acclarato, si trattò di una disgrazia non diversa da quelle accadute in altre marine da guerra dell’epoca: la causa dell’affondamento era infatti da attribuire ai nuovi esplosivi utilizzati per le cariche di lancio e di scoppio che, indispensabili e sempre più potenti, erano stati introdotti da troppo poco tempo perché se ne conoscessero tutte le caratteristiche relative alla loro stabilità.[2]»

Perirono 21 ufficiali e 433 tra sottufficiali e marinai, tra i quali l’ammiraglio Ernesto Rubin de Cervin, comandante della 3ª Divisione Navale della 2ª Squadra, e il comandante della nave Fara Forni. I superstiti furono 9 ufficiali e 473 fra sottufficiali e i marinai

Qui per chi è interessato qualche curiosità in più mista ad orgoglio “Noi siamo la Marina“.

Nei racconti di mia nonna ricordo il terrore dei marinai che non riuscivano, mentre la nave affondava, a raggiungere la plancia e salvarsi perché le paratie erano bloccate dai corpi dei compagni morti. Un senso di claustrofobia che mi ritorna ancora oggi al solo pensiero.

Come sempre i ricordi di un bimbo si mischiano, con il rischio di far confusione. Non pretendo certo di proporvi una realtà storica.

Quando le navi affondano, torno bambino a Venezia ad ascoltare i racconti della Nonna Bis.

Quando le navi affondano, ritrovo quei silenzi e quel senso di vergogna ed impotenza.