Recesso del socio, valutazione della partecipazione e going concern
Convegno del 12 febbraio 2015
Fondazione Dottori Commercialisti di Milano
La riforma del diritto societario ha innovato profondamente i principi attinenti al diritto di recesso dei soci nelle società di capitali. Pur nella valutazione dei contrapposti interessi, il legislatore ha ampliato le cause di recesso e modificato i criteri di determinazione del valore delle azioni/quote da liquidare al socio recedente, oggettivamente penalizzati nella precedente disciplina.
Alla tutela della società, quale centro d’interessi compositi e articolati, viene, quindi, a contrapporsi il principio di consentire al socio sempre e comunque una possibilità d’uscita, con una “aspettativa” di rimborso a valori correnti o comunque superiori rispetto all’investimento iniziale.
CONVEGNO 12 FEBBRAIO 2015: Il Recesso del socio nella SpA e nella Srl. via @studiopanato Share on X
Il socio recedente conserva la sua posizione ed i relativi diritti fino a quando non venga comunicato al Registro delle imprese l’assetto sociale definitivo conseguente al recesso e al compimento delle operazioni di liquidazione della partecipazione del socio receduto.
La dichiarazione di recesso del socio dalla Srl può essere annotata nel Registro delle imprese tenuto dalla Camera di commercio, pubblicandola nella posizione anagrafica della società come semplice ‘annotazione’.
Nella S.r.l. il socio che recede ex art. 2473 c.c. ha diritto al rimborso del valore della propria partecipazione, determinato in proporzione al valore di mercato del patrimonio sociale al momento della dichiarazione di recesso:
«… I soci che recedono dalla società hanno diritto di ottenere il rimborso della propria partecipazione in proporzione del patrimonio sociale. Esso a tal fine è determinato tenendo conto del suo valore di mercato al momento della dichiarazione di recesso; in caso di disaccordo la determinazione è compiuta tramite relazione giurata di un esperto nominato dal tribunale, che provvede anche sulle spese, su istanza della parte più diligente».
Posto qualche appunto sulla valutazione delle partecipazioni in caso di recesso e sull’opportunità di valutare eventuali sconti o premi viste le molte email ricevute da colleghi o studenti in tesi sull’argomento. Il dettato normativo coerentemente con la miglior dottrina, pur lasciando all’esperto ampia libertà sui metodi valutativi, lo obbliga a determinare il valore della partecipazione in base a due criteri fondamentali:
- valutazione proporzionale (escludendo quindi sconti di minoranza/illiquidità o premi di maggioranza);
- valutazione di mercato.
Il Notariato
Il Notariato (Massima Comitato Notarile Triveneto I.H.13) sostiene che l’atto costitutivo, data l’assenza di un metodo legale e univoco di valutazione delle partecipazioni, può prevedere criteri statutari volti a determinare in maniera oggettiva il valore della partecipazione. Sono da ritenersi per esempio lecite le clausole volte a determinare il valore dell’avviamento secondo calcoli matematici rapportati alla redditività degli esercizi precedenti. Devono invece ritenersi illegittime le clausole che determinano il valore di rimborso della partecipazione secondo criteri diversi dal valore di mercato.
Suprema Corte
La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 16168 del 15 luglio 2014, ha ritenuto legittima una clausola statutaria in cui si prevede, per la determinazione della liquidazione della partecipazione di un socio di società di capitali, il criterio valutativo che tiene conto del valore d’uso dei cespiti nella prospettiva della continuità aziendale, ovvero del “going concern”.
La Cassazione nella sentenza citata si esprime favorevolmente alla possibilità di introdurre il criterio del going concern, per effetto di una apposita clausola statutaria, come criterio valutativo della partecipazione ex articolo 2437-ter, comma 2 e 4, del Codice civile.
Secondo la Suprema Corte, la clausola suddetta è coerente con la ratio della norma, essendo questa finalizzata a impedire la penalizzazione del socio che eserciti legittimamente il diritto di recesso mediante una valutazione della partecipazione da liquidare inferiore rispetto al suo presumibile valore di mercato.
Per la Cassazione quindi, l’applicazione del criterio della valutazione sulla base della continuità aziendale comporta l’individuazione del valore dei beni aziendali in funzione della prosecuzione dell’attività svolta dalla società e non in una prospettiva liquidatoria che consideri valutati in ottica di dismissione.
Ruolo dell’ esperto
In caso di recesso spetta all’organo amministrativo, coadiuvato da un esperto di fiducia, predisporre una situazione patrimoniale straordinaria dalla quale emerga il valore della partecipazione determinato in proporzione al valore di mercato del patrimonio sociale riferito al momento della comunicazione del recesso.
Per approfondire:
CONVEGNO 12 FEBBRAIO 2015: Il Recesso del socio nella SpA e nella Srl. Aspetti societari, aziendali e tributari. Il nuovo quadro normativo dell’exit verrà affrontato cercando di metterne in evidenza gli aspetti societari, quelli aziendali connessi ai criteri di valutazione di liquidazione della partecipazione, nonché le conseguenti implicazioni fiscali. Tra i relatori: Dott. Andrea Arrigo Panato VISUALIZZA IL PROGRAMMA DETTAGLIATO