IQUII: Non siamo una startup, siamo una società di consulenza
IQUII: Non siamo una startup, siamo una società di consulenza
“C’è una cosa che contraddistingue le persone (e le cose) davvero serie:
non prendere troppo sul serio sé stessi, ma solo gli altri e ciò che va fatto”.
Douglas Adams
Qualche giorno ho letto un interessante comunicato stampa, seguito da diverse interviste. Un amico ha ceduto parte delle quote della sua impresa entrando così a far parte di un gruppo multinazionale. Una bella azienda ed una bella operazione. Molti si sono giustamente soffermati sulla decisione imprenditoriale di aprire il capitale a terzi perdendo la maggioranza. Scelta cruciale e faticosa. Maggiori approfondimenti sul tema le troverete nelle interviste che cito più avanti in questo articolo ma la mia curiosità si è concentrata su un altro aspetto che spesso è sottovalutato ma che credo meriti maggiore attenzione. Articolo pubblicato su Mysolution|Post e qui riprodotto per gentile concessione dell’Editore.
C’è una cosa che contraddistingue le persone (e le cose) davvero serie: non prendere troppo sul serio sé stessi, ma solo gli altri e ciò che va fatto Share on X
La notizia
IQUII, Digital Company creata da Fabio e Mirko Lalli nel 2011, è entrata a far parte del gruppo Be Think, Solve, Execute S.p.A. (“Be” in breve), principale multinazionale di consulenza in Europa nel settore finanziario, che ne ha acquisito il 51%.
Obiettivo crescita sostenibile
“Il team è cresciuto da 2 persone a 17 in 5 anni. La crescita è stata anno su anno piuttosto lineare e solida dal punto di vista del fatturato e della marginalità. Crescere, senza esagerare ma per rendere il modello sostenibile: questo è stato il nostro motto per anni”, spiega Fabio Lalli.
Più che una startup, una società di consulenza, quasi una boutique.
“Noi siamo una società di consulenza, una boutique quasi, come la definiscono i miei ragazzi e dopo 5 anni di crescita e validazione di un modello di sviluppo che abbiamo creato, abbiamo sentito l’esigenza di consolidare e crescere più velocemente per mettere alla prova IQUII su una scala più grande.”
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Una possibilità di crescita per il team
“È un passaggio importante per noi e siamo convinti – commenta Fabio Lalli, CEO di IQUII – che l’ingresso di IQUII nel gruppo Be sia l’inizio di una seconda fase di crescita che ci consentirà di poter consolidare e sviluppare ulteriormente il modello realizzato fino ad oggi. La complementarietà della nostra competenza con quella di Be e con il suo piano di sviluppo ci ha subito sintonizzati su una comune visione di mercato e di valori. Il nostro team crescerà in numero e competenza puntando ancora di più ad un modello di consulenza digitale sempre più efficace e innovativo per i clienti”.
Ridotta presenza on line
“La mia presenza si è ridotta per più motivi: il primo è professionale e riguarda la focalizzazione. Se vuoi far correre qualcosa, devi spingerla come si deve e per farlo devi esser concentrato e con le forze al 100%. Quando è nata IQUII ho deciso di tagliare via le cose che non erano funzionali alla crescita della mia azienda. Di conseguenza (e qui il secondo motivo) se vuoi equilibrare il tempo da dedicare ad impresa e famiglia, a qualcosa devi rinunciare. Per cui meno eventi (se non quelli realmente utili), meno momenti di perdita di tempo e discussioni futili in rete e soprattutto meno obiettivi ma meglio focalizzati e misurabili”.
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Mentalità organizzativa ed attenzione ai dettagli per fare la differenza e diventare più appetibili.
Fabio è un amico e dopo aver letto il comunicato stampa e l’intervista su StartupItalia (da cui ho attinto in più punti) l’ho contattato e si è subito prestato ad un veloce confronto telefonico. Da tempo sono convinto che per crescere e per definire alleanze (la crescita dimensionale è ormai un obiettivo fondamentale) sia necessario risultare “compatibili” e di conseguenza più “appetibili”. È una cosa che ho notato di recente collaborando con diversi studi di avvocati d’affari che in un paio di casi mi hanno dato la forte sensazione di lavorare per diventare facilmente assimilabili con realtà di maggiori dimensioni e quindi più interessanti sul mercato per eventuali fusioni tra studi. Operazione ovviamente non in conflitto, tutt’altro, con la ricerca di offrire il miglior servizio al cliente. Mi interessava quindi approfondire la cosa e validare questa intuizione con il diretto interessato.
DOMANDA Quanto è contato avere avuto un passato da consulente nell’aver creato Iquii come struttura facilmente assimilabile da una multinazionale? Credo che sempre di più l’appetibilità di una PMI derivi non solo dalla forza sul mercato ma anche da avere una struttura, una organizzazioni che sia capace in qualche modo di dialogare facilmente con una multinazionale (approccio, procedure, ecc.).
RISPOSTA (sintesi mia sicuramente imprecisa ma sia il lettore sia Fabio mi perdoneranno): “E’ contato per circa l’70% a occhio. Il resto è un fattore differenziante (creativo, di brand, di altro). Il saper parlare la stessa lingua fa la differenza, ed il comprendere le dinamiche ed in molti casi i processi ti permette di muoverti ed agire più rapidamente. La differenza è soprattutto nella mentalità organizzativa e focalizzazione sull’obiettivo: non procedure, ma approccio. Le procedure in una realtà di minore dimensioni sono (e devono esser) più snelle mentre quelle delle grandi company rischiano di esser eccessive ed inapplicabili gran parte delle volte, perché ingesserebbero troppo la struttura facendo perdere tutto il vantaggio di essere PMI snella. La mentalità organizzativa che mi porto dietro dalle precedenti esperienze nella consulenza invece è fatta di capacità di gestione e di attenzione ai dettagli. Una email ben scritta, un’immagine coordinata, una riunione preparata con attenzione per non far perdere tempo ai partecipanti, sono un biglietto da visita importante che ti posiziona diversamente. È un modo di lavorare che ti fa diventare più appetibile perché più facilmente assimilabile. Poi ovviamente ciò che conta di più sono i risultati ma questo è l’approccio che ti aiuta ad aprire porte e fare goal”.
Morale della favola
La storia di IQUII e dei fratelli Fabio e Mirko Lalli ci offre diversi spunti di riflessione:
- Essere curiosi, aprirsi, sperimentare (indigeni digitali, mondo startup ecc);
- Sapere quando smettere (o meglio esser capaci di non restare prigionieri dello storytelling sulle startup) e focalizzarsi sul progetto, sull’innovazione, sul proprio business model, sul raggiungimento di risultati economici;
- “Meno obiettivi ma meglio focalizzati e misurabili”;
- Ricordarsi che crescere è importante e che si può crescere anche trovando nuovi soci. In questo caso avere una azienda con un buon approccio organizzativo può rivelarsi molto utile per diventare più appetibili sul mercato.
Una bella storia di impresa ancora tutta da scrivere ma su cui occorre riflettere perché gli spunti che regala sono tanti. A partire dal fatto che fare innovazione non significa dimenticare i fondamentali del fare impresa.
Fare innovazione non significa dimenticare i fondamentali del fare impresa #startup Share on X