Chi ha stampato nonna punto doc?
In Bocconi mia nonna diventò famosa così.
Eravamo in aula azzurra, mi sembra si chiamasse così la sala computer sotto la chiesa di San Ferdinando ed io stavo stampando per gli ultimi controlli parte della mia tesi tra cui la dedica. Uno dei tutor addetto alla stampante prese un foglio e leggendolo, tra le risate generali, chiese “Chi ha stampato nonna punto doc?”
A mia nonna,
Da sempre compagna di fantastiche avventure
ed in questa fattore critico di successo.
Era il ’97 e sembra passato un secolo. Non possedevo un cellulare ed era appena arrivata internet nel nostro mondo ed io a fatica cercavo di capire come farmi la mia prima hotmail. Tra le prese in giro amichevoli degli amici che mi vedevano un po’ lento nel capire lo strumento.
L’università io e mia nonna, come lei amava dire, l’abbiamo fatta insieme, un po’ perché dopo la scomparsa di mio padre era tutti i giorni da noi per aiutare la mamma, un po’ perché la mia vita in Bocconi seguiva ritmi strani: durante la settimana la mattina presto a prendere il posto in biblioteca, poi al bar o a lezione, la sera aperitivi o feste in discoteca ed il we a studiare.
Si perché il we molti studenti tornavano a casa dalle rispettive famiglie (in gran parte fuori Mlano o fuori Lombardia) quindi poche feste e molto studio. Io in questo, avvicinandosi gli esami, adottavo soluzioni radicali: venerdì, sabato e domenica da mia nonna.
Qualche giorno insieme tra gnocchi, lasagne, tanto studio ed la spesa tra i negozianti già allertati giorni prima dell’arrivo del primo nipote.
Mia nonna apprezzava soprattutto l’economia aziendale ed il marketing, le spiegazioni sull’importanza del posizionamento dei prodotti sugli scaffali e la gita all’hard discount di cui era curiosa avendone tanto sentito parlare.
Non fece mai percepire la sua fatica nell’ascoltarmi ripetere matematica e statistica ma posso solo immaginarla.
La nostra vera passione però era la storia o meglio le storie.
Ho avuto la fortuna di avere una nonna giovane, qualcuno in questi giorni ha detto una seconda mamma ma non è vero. È stata sempre molto attenta a rispettare i due ruoli. È stata una super nonna e a lei devo molto di quello che sono.
Fin da piccolo ricordo le notti nel suo lettone ad ascoltare le sue storie. Aveva una magnifica fantasia. Alcune erano favole, altre erano rielaborazioni dei miti greci e dei grandi classici riadattati un po’ dalla memoria e un po’ per renderli appassionanti per un bambino.
Quante volte sono stato Enea in fuga da Troia in fiamme, quante volte ho passato il Rubicone con Cesare vivendone l’ebrezza e le paure del grande passo, quante volte cavalcando Bucefalo ho conquistato imperi.
Grazie a mia nonna ho sempre avuto ben chiaro che la letteratura era intrattenimento, alto se volete ma qualcosa che doveva appassionare e renderci felici. Ed oggi che sono, immeritatamente, in una importante compagnia teatrale pur senza essere attore, ritrovo i suoi racconti al riaprirsi del sipario.
La nostra passione è sempre stata la storia romana.
Quando in terza elementare le ho chiesto di comprarmi un libro sui romani che pazienza ha dimostrato! Abbiamo girato diverse librerie, sfogliato infiniti libri finchè non ho trovato quello giusto, quello che volevo.
Quello che sarebbe diventato il mio primo libro scelto consapevolmente. Ne ero fierissimo e lo era anche lei per la mia determinazione.
E poi il viaggio premio per la promozione in quinta elementare a Roma, una settimana con un programma fitto fitto tutto dedicato alla Roma dei Cesari. Papi e cristiani erano decisamente meno affascinanti ai miei occhi di bambino.
E poi le ore passate a giocare coi lego e a soldatini mentre cucinava. O il cucinare insieme gli gnocchi.
O le interminabili versioni di latino, grazie al suo aiuto ero l’unico al liceo a riuscire a tradure tutte quelle che ci venivano assegnate per le vacanze. Due ore ogni giorno per tutto agosto.
E la felicità e l’orgoglio di esser diventata bisnonna. Negli ultimi anni erano le partite a scala 40 il terreno di dialogo tra lei ed il Panatino. E come si arrabbiava se non accettavo i suoi soldi per il regalo che immancabilmente mi chiedeva di comprargli. Ricordandomi che dovevo ubbidire perché lei era la nonna ed io il nipote.
In questi giorni ho però soprattutto un ricordo che continua a tornarmi in mente.
Pochi anni fa cadde e dovette essere operata.
Un po’ l’operazione, un po’ l’effetto dell’anestesia rimase confusa per qualche giorno facendoci preoccupare. Ricordava poco ed andarla a trovare diventava una pena.
Decisi di portare un piccolo libro che avevo scritto per mio figlio e leggerle alcune pagine, per passare un po’ di tempo insieme. Ne fu felicissima.
Quando arrivò mia zia per darmi il cambio le gridò di lasciarci soli, che dovevo studiare e che se continuavano a disturbarci non avrei mai potuto superare l’esame.
Chiamai in Studio per disdire gli appuntamenti del pomeriggio.
Doveva essere una noiosa visita in ospedale ed invece entrambi ci ritrovammo lì, come se nulla fosse cambiato, a studiare ancora insieme per un’ ultima volta. Parlandole di mio figlio mentre mi ripeteva quanto fossi sempre stato bravo a scrivere dei bei temi.
Era la seconda volta che la vedevo in ospedale.
La prima per un tumore, le diedero sei mesi di vita ed era il giorno della mia maturità.
Mia nonna non credette ai medici (l’operazione andò bene) e si è spenta ieri più di 30 dopo a 97 anni.
Ed oggi sono qui a scrivere, dopo aver girato in auto da solo con “while my guitar gently weeps” in sottofondo, perché in fondo mi fa bene ed un po’ per rendere omaggio a chi a fatto di me un uomo migliore.
Anche se è nulla in confronto all’abbandonarsi alla purezza degli abbracci di mio figlio.