Ci vuole disciplina per viver di poesia
Bellissimo spettacolo Novecento diretto e interpretato da Corrado d’Elia. E’ sempre difficile raccontare sensazioni, soprattutto per me che non ho velleità di critico, ma seguire d’Elia lo fai come un tempo compravi l’ultimo disco del tuo cantante preferito, lo fai sulla fiducia, lo fai per essere partecipe di un percorso.
Non dirò di più sullo spettacolo se non che avete solo pochi giorni per non perdervelo. Riporto però una bella recensione ed qualche frase evocativa che rende l’atmosfera:
«Non si è mai completamente fregati finché si ha una buona storia da raccontare»
e ancora
“Suonavamo perché l’Oceano è grande, e fa paura, suonavamo perché la gente non sentisse passare il tempo, e si dimenticasse dov’era e chi era. Suonavamo per farli ballare, perché se balli non puoi morire, e ti senti Dio. E suonavamo il regtime, perché è la musica su cui Dio balla quando nessuno lo vede”.
La serata di ieri però mi ha stimolato qualche riflessione che partendo dal teatro forse può allargarsi anche ad altro, a qualunque progetto portato avanti con passione.
Quello che mi colpisce sempre è la sincerità con cui trasmette l’amore per il teatro e per il pubblico. Un teatro vivo e contemporaneo che trasmette la voglia di avvicinare lo spettatore e non allontanarlo rinchiudendosi nella torre d’avorio (spesso cosi protettiva ed altrettanto inutile) del ruolo d’attore.
Spesso questo Paese è prigioniero di ruoli, l’avvocato che non richiama il cliente per motivi di status, l’attore che recita convinto che comunque il pubblico non possa capire la sua arte, ecc… una categoria vale l’altra sia chiaro. Un’autodifesa che diventa condanna all’irrilevanza.
Ai tempi della scuola ho frequentato spesso il teatro e sempre mi chiedevo perché gli attori si lamentassero della mancanza di pubblico se nei miei 5 anni di liceo finivo sempre a vedere l’ennesimo Pirandello e l’ennesimo Goldoni. Credetemi non sottovaluto (ora, a 16 anni era più difficile) la complessità delle diverse versioni ma il pubblico va anche avvicinato, educato e soprattutto coinvolto.
Corrado d’Elia racconta storie, storie in cui ti perdi, e lo fa con la stessa emozione e lo stesso stupore che vedi negli occhi dei bimbi.
Mi verrebbe da dire che la cura della fotografia nel suo teatro è da oscar, ma non è cinema e quindi sto dicendo una eresia ma spero di render l’idea. La storia è accompagnata da musiche e i movimenti dell’attore rappresentano quasi fotogrammi. Mi sono sorpreso a chiedermi perché alcuni attimi non venissero immortalati in una foto. Oggi scopro che Teatro libero è su instagram.
Il teatro quindi si rinnova contaminandosi con altre arti, restando fortemente se stesso, valorizzando le sue peculiarità senza né paure né complessi (o forse come avviene per molti progetti ben riusciti accompagnando la paura con il coraggio di affrontarla).
Ma la passione è nulla senza la disciplina. Ieri sera un piccolo inconveniente, qualche rumore di troppo di una classe di studenti venuti a veder lo spettacolo.
L’attore si ferma chiede silenzio, la qualità della mia recitazione dipende dal pubblico, non mi state aiutando a recitare bene (la frase è una mia sintesi).
L’ ho trovato un atto di coraggio (ha per un attimo interrotto la magia del monologo) e di grande rispetto per il pubblico.
Una bella lezione (non solo di teatro), forse non voluta, di certo apprezzata.