Scissione societaria e successivo passaggio delle quote non configurano ipotesi di abuso del diritto
Scissione societaria e successivo passaggio delle quote non configurano ipotesi di abuso del diritto
La scissione parziale proporzionale di una società e il successivo trasferimento delle partecipazioni (da taluni soci previamente affrancate) della società scissa non realizzano alcuna ipotesi di abuso del diritto.
Lo conferma l’Agenzia delle Entrate con Risoluzione n. 97/E del 25 luglio 2017: “Interpello art. 11, comma 1, lett. c), della legge 27 luglio 2000, n. 212 – Scissione finalizzata alla cessione di partecipazioni nella società scissa da parte dei soci anche persone fisiche “.
Risoluzione n. 97/E del 25 luglio 2017
Tale risoluzione si riferisce al caso di una società per azioni che svolge attività sanitaria e possiede un compendio immobiliare. La società realizza un’operazione di scissione proporzionale a favore di una società di nuova costituzione, alla quale viene assegnato il compendio immobiliare. Successivamente a tale operazione vengono trasferite tutte le partecipazioni della società scissa alla beneficiaria.
L’Agenzia delle Entrate, in merito a tale operazione, afferma quanto segue:
“non può imporsi ad una persona fisica interessata alla monetizzazione dell’azienda (o di un ramo di essa), di cui è titolare una società dalla stessa partecipata, di far circolare l’azienda (o un ramo di essa) esclusivamente attraverso la sua cessione c.d. diretta da parte della società partecipata, con un aggravio fiscale relativo alla doppia imposizione che incide, una volta, in capo all’ente societario (sulla plusvalenza da cessione) e, un’altra volta, in capo alla persona fisica-socio (sulla distribuzione degli utili afferenti a detta cessione).”
Indebito risparmio d’imposta
La stessa evidenzia, inoltre, che “la scissione (parziale proporzionale) concepita in funzione di “separare” due distinti complessi aziendali e strumentale alla (successiva) cessione delle partecipazioni di una delle società risultanti dalla scissione (contenente l’azienda riferita al ramo operativo della scindenda) da parte del socio-società non appare in contrasto con le finalità di alcuna norma fiscale ovvero con alcun principio dell’ordinamento tributario.
Nel caso di specie, dunque, la rappresentata cessione post scissione della totalità delle partecipazioni della società istante (rimasta titolare dell’azienda relativa al solo ramo operativo) da parte del socio-società e dei soci-persone fisiche non imprenditori, non integra alcun “indebito risparmio d’imposta”.”
Conclude affermando che “affinché non siano ravvisabili profili di abuso del diritto, la scissione deve caratterizzarsi come un’operazione di riorganizzazione aziendale finalizzata all’effettiva continuazione dell’attività imprenditoriale da parte di ciascuna società partecipante. Inoltre, non deve trattarsi di società sostanzialmente costituite solo da liquidità, intangibles o immobili, bensì di società che esercitano prevalentemente attività commerciali ai sensi dell’art. 87, comma 1, lettera d), del TUIR.”
Imposta di registro e cessione quote totalitaria.
Con riferimento all’imposta di registro, l’Agenzia richiama l’art. 20 del Testo unico dell’imposta di registro, approvato con D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, in base al quale “L’imposta è applicata secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente”. Ricorda, infine, che dalla sentenza della Cassazione dell’8 maggio 2006, n. 10490, Rv. 592154, “la giurisprudenza di legittimità ha rivisitato in senso critico la teoria della “causa tipica” e si è accostata alla teoria della “causa concreta”, ridefinendo la causa negoziale come la sintesi degli interessi oggettivati nell’operazione economica, prescindente dall’astrattezza giuridico-formale del tipo”.