Controlli sulle società estinte, le responsabilità di liquidatori e soci.
Controlli sulle società estinte, le responsabilità di liquidatori e soci.
Articolo pubblicato su Mysolution e qui riprodotto per gentile concessione dell’Editore
La retroattività della disposizione che fissa la sopravvivenza fiscale delle società estinte sta suscitando forti perplessità e raccoglie le critiche sia dei magistrati sia degli avvocati (siamo inoltre in attesa dell’interpretazione della Fondazione Nazionale dei Commercilisti che dovrebbe comunque uniformarsi alle critiche pressochè unanimi). L’ Agenzia delle Entrate, al contrario, ribadisce la propria posizione a difesa dell’ ultrattività delle società estinte.
Segnalo un recente approfondimento del CNF sulla ultrattività fiscale delle società estinte. Norma che non pare riuscire a placare le numerose polemiche sorte sulla sua interpretazione. Torno quindi su un argomento già trattato nell’articolo su “Responsabilità dei Liquidatori” che merita di non essere sottovalutato per la sua portata generale.
Il Legislatore con l’art. 28, comma 4, d. lgs. n. 175 del 21 novembre 2014, (pubblicato in G.U. n. 277 del 28 novembre 2014 Serie Generale), entrato in vigore il 13 dicembre 2014, ha stabilito che “ai soli fini della validità e dell’efficacia degli atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’articolo 2495 del codice civile ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal Registro delle imprese”.
In specie, il Legislatore ha previsto che la società, cancellata dal Registro delle Imprese e, quindi, estinta alla stregua della nuova formulazione di cui all’art. 2495 c.c., comunque permanga in vita per cinque anni dalla domanda di cancellazione con riferimento limitato agli “atti di liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi e contributi, sanzioni e interessi”.
In una recente nota del Consiglio Nazionale Forense, la commissione interna per le problematiche in materia tributaria sintetizza le criticità di una norma mal scritta e mal coordinata.
La norma rappresenta una deroga al regime generale. In particolare, esclusivamente per i creditori di tributi e contributi, ed in relazione agli atti menzionati dalla norma, la società cancellata dal registro delle imprese non perde fiscalmente la soggettività e la capacità processuale per cinque anni dalla richiesta di cancellazione.
Quale sorte per i crediti tributari della società estinta?
Non vi è alcun cenno espresso normativo, invece, alla sorte della società estinta, con riferimento ai crediti dalla stessa già vantati nei confronti dell’Ente impositore ed opposti in giudizio, prima della cancellazione dal registro delle imprese.
Dottrina e Giurisprudenza si troveranno, perciò, ad interpretare l’applicabilità della normativa derogatoria con riferimento agli atti del contenzioso, aventi ad oggetto i dinieghi di rimborso.
AdE e l’interpretazione di norma procedurale
L’interpretazione delle nuove disposizioni, segnatamente della portata dell’art. 28 d.lgs. 175/14, è stata affidata dall’Agenzia a due Circolari: la n. 31/14 e la n. 6/15 del 19 febbraio 2015.
In particolare, con circolare n. 31/E del 30 dicembre 2014, in particolare, l’Agenzia delle Entrate prende atto della norma in deroga al regime delle società cancellate, ex art. 2495 c.c., ritenendo che “trattandosi di norma procedurale, si ritiene che la stessa trova applicazione anche per attività di controllo fiscale riferite a società che hanno già chiesto la cancellazione dal registro delle imprese o già cancellate dallo stesso registro prima della data di entrata in vigore del decreto in commento”.
Inversione dell’onere della prova sui liquidatori
Lo stesso ha modificato il regime dell’onere della prova, in tema di responsabilità dei liquidatori, invertendolo a carico di quest’ultimo; nonché ha introdotto, a favore dell’Ente impositore, la presunzione, salvo prova contraria, di proporzionalità del valore del denaro e dei beni sociali ricevuti in assegnazione alla quota di capitale detenuta dal socio od associato.
Dubbi interpretativi produrranno incremento del contenzioso.
La norma così come formulata dal legislatore, nella prospettiva di agevolare la posizione dell’Agenzia, rischia di incrementare in maniera considerevole il contenzioso con i relativi danni per l’erario. Nella recente nota che alleghiamo, il Consiglio nazionale forense ribadisce che «la proclamazione della natura procedimentale, di immediata applicazione dell’articolo 28 del decreto semplificazioni, appare non giuridicamente protetta» e rischia di «generare un enorme contenzioso che probabilmente non era nelle intenzioni del legislatore». La retroattività appare inoltre incompatibile con i principi generali contenuti negli articoli 3 e 10 dello Statuto del contribuente.
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