Solo Marchionne ovvero c’è stato un tempo in cui si tifava per chi fa impresa
Solo Marchionne ovvero c’è stato un tempo in cui si tifava per chi fa impresa
Mi hanno molto colpito le notizie di questi giorni su Marchionne. Forse anche il tenore di certi commenti ma come accade a persone che stimi alla fine ti isoli dal rumore di fondo e ti concentri di più sul fascino della loro personalità.
La notizia della malattia mi ha fatto capire quanto poche siano le figure di imprenditori o manager eccellenti nel nostro Paese rispetto a qualche anno fa.
Certo non erano tutte rose e fiori e certamente ai tempi senza internet c’era un maggior controllo della notizia e quindi del “culto della personalità” ma se oggi ci interroghiamo sul valore di Marchionne ieri tra noi giovani bocconiani il tifo era equamente distribuito tra De Benedetti (mi scuso se non ho scritto in maniera corretta il cognome ma mi sono perso nei cambiamenti…), Agnelli, Berlusconi e l’inarrivabile Raul Gardini.
Poi se vogliamo possiamo aggiungere Del Vecchio, Caprotti, Benetton e l’invincibile armata degli stilisti: Armani, Versace, Missoni, Dolce & Gabbana, ecc. Ma non brillavano come il magico quartetto.
Molte luci, moltissime ombre con il senno di poi, certamente però erano esempi con cui confrontarsi, eroi di imprese che tutti abbiamo seguito. Non parlo di analisi razionale. Proprio di tifo.
Oggi resta solo Marchionne. Forse altri nomi si possono aggiungere ma senza la stessa epica.
E questo dovrebbe far riflettere sulla difficoltà di ricambio di classe dirigente e sulle scarse opportunità di mobilità sociale.
Solo.
Ho letto molti articoli sull’epopea FCA e a suo tempo diversi libri. Mi ha sempre affascinato la strategia fatta con elementi poveri, le alleanze per sopperire alla mancanza di progetti e di investimenti. Tra le tante cose lette qualche frase celebre tra cui:
“La leadership non è anarchia. In una grande azienda chi comanda è solo. La collective guilt, la responsabilità condivisa, non esiste. Io mi sento molte volte solo“, Marchionne.
Solo
E giusto qualche giorno fa suggerivo ad un amico regista teatrale, che ha la pazienza di sopportare le mie invasioni in campi che non mi competono, di esplorare nei suoi Album la solitudine del leader, di chi fa impresa. Alessandro Magno, Napoleone, Cesare…. Forse potevamo osare qualche nome più vicino ai nostri tempi. L’idea però era chiara. Se vogliamo avvicinare al teatro chi fa impresa dobbiamo parlare di genio ma anche di solitudine dell’imprenditore.
Solo
Forse dovremmo provare a non lasciare solo chi fa impresa sia esso imprenditore sia esso manager. Dovremmo provare a crederci un po’ di più, a liberarlo. Perché realizzare un progetto è entusiasmante e l’entusiasmo cosi come la ricchezza o quanto meno il benessere sono contagiosi. Come l’invidia purtroppo.
Per approfondire, la lettera che inviava ai nuovi assunti
Cara Collega,
Esiste un mondo in cui le persone non lasciano che le cose accadano. Le fanno accadere. Non dimenticano i propri sogni nel cassetto, li tengono stretti in pugno. Si gettano nella mischia, assaporano il rischio, lasciano la propria impronta. È un mondo in cui ogni nuovo giorno e ogni nuova sfida regalano l’opportunità di creare un futuro migliore. Chi abita in quel luogo, non vive mai lo stesso giorno due volte, perché sa che è sempre possibile migliorare qualcosa.
Le persone, là, sentono di appartenere a quel mondo eccezionale almeno quanto esso appartiene loro. Lo portano in vita con il loro lavoro, lo modellano con il loro talento. V’imprimono, in modo indelebile, i propri valori. Forse non sarò un mondo perfetto e di sicuro non è facile. Nessuno sta seduto in disparte e il ritmo può essere frenetico, perché questa gente è appassionata – intensamente appassionata – a quello che fa. Chi sceglie di abitare là è perché crede che assumersi delle responsabilità dia un significato più profondo al proprio lavoro e alla propria vita.
Benvenuta in quel mondo
Benvenuta in Fiat Chrysler Automobiles
Sergio Marchionne
Chief Executive Officer